Di Emanuele Martinelli e Martina Ginasi
Reti elettriche che diventano sempre più digitali e la scelta di tecnologie statiche per quanto concerne gli Smart Metering: quali opportunità di sviluppo si stanno aprendo, quali prospettive?
La creazione di servizi per l’utente che abbiano al centro gli Smart Meter per il settore elettrico e per il calore sono il cuore della nostra attività, con l’apertura a filoni di business che ci portano all’interno di un contesto oggi quanto mai sfidante.
Lo Smart Metering ha ormai raggiunto una sua dimensione e un posizionamento centrale su più filiere in quanto i dati e la precisione nelle misure sono i presupposti per la creazione di servizi fondamentali sia per le utility che per l’utente finale. O almeno così dovrebbe essere. Quando si procede con la sostituzione di un contatore obsoleto con un apparecchio di ultima generazione, l’obiettivo dovrebbe essere quello di andare a modificare il modello di utilizzo da parte del cliente. Un principio dettato dalle potenzialità che gli Smart Meter offrono oggi, che se non vengono espresse proprio attraverso la proposta di nuovi servizi perdono di significato; ribaltando il concetto, se l’introduzione di Smart Meter statici non va di pari passo con l’evoluzione dei servizi e la qualità dell’acquisizione del dato, diventa solo un onere economico.
A questo si somma un’altra questione, che poi è il fulcro delle nuove direttive europee: il processo dovrebbe portare a un salto di mentalità dell’utente, a comportamenti e scelte consapevoli in relazione ai propri consumi. L’Europa lo ha imposto come linea guida e meccanismo virtuoso in grado di portare, insieme ad altri fattori chiave, agli obiettivi di efficientamento energetico e decarbonizzazione che ci si è posti a livello comunitario.
L’innovazione tecnologica da questo punto di vista sarà un fattore determinante.
Certamente, per fornire strumenti di analisi utili ai cittadini attraverso interfacce semplici e al tempo stesso evolute, è necessario produrre e fornire un dato di qualità secondo una temporalità stretta, frequente, che dia informazioni praticamente in tempo reale sui propri consumi. Proprio per questo è indispensabile un lavoro di ricerca sempre più spinto che porti all’implementazione di nuove tecnologie, per arrivare ad avere, ripeto, un dato in tempo reale che consenta all’utente di migliorare i propri comportamenti rispetto alle proprie necessità. Un processo che naturalmente non comporterà vantaggi solo ai clienti ma alle utility stesse, che disponendo di queste informazioni potranno studiare algoritmi, individuare eventuali perdite, furti o manomissioni. Ma soprattutto potranno muoversi su piani strategici frutto di conoscenza.
La qualità del servizio anche per l’utility è un valore, la lettura che diventa sistema di contabilizzazione assume la portata di un monitoraggio continuo, sia della rete che del cliente.
Non solo, ma questo permette di ritagliare il servizio sulle esigenze di consumo dell’utente specifico; i dati devono essere utilizzati per una migliore profilazione per proporre pacchetti business adatti alle singole esigenze. L’obiettivo è quello di una gestione evoluta, ma per poterci arrivare a monte serve un monitoraggio e un controllo sul meter capillare; oggi questo è possibile solo nel settore elettrico dove il contatore comunica con l’utente in tempo reale.
Il mondo dell’energia, e dei servizi di pubblica utilità in genere, è decisamente disallineato; alcuni servizi sono molto distanti da criteri qualitativi. Come si può ridurre questo gap evidente?
L’idea, che purtroppo sembra ancora futuristica, è che l’utente dal suo telefonino possa disporre di un’app che dia evidenza in modo chiaro di tutti i suoi consumi: gas, acqua, energia e calore.
Oggi c’è un dislivello, sull’elettrico siamo avanti, sul gas c’è un contatore telecontrollato ma solo dal distributore – e quindi l’utente non vi ha accesso – sull’acqua non abbiamo ancora nulla.
Sulla parte elettrica, una volta sviluppato il dispositivo che permette la lettura del contatore, ci siamo resi conto che quest’ultimo non aveva alcun valore senza un’infrastruttura che fosse in grado di trasformarsi in strumento utile a favore del cliente; abbiamo quindi lavorato sull’analisi del dato, sulla sua acquisizione e sulla semplificazione del processo. Non dobbiamo dimenticare che permettere a un utente di accedere al servizio non è un processo banale, neanche a livello burocratico. Abbiamo quindi creato un prodotto accessibile, di facile approccio anche nella sua attivazione. E qui pongo un terzo punto di criticità: per poter diffondere questo modello serve maggior comunicazione, piani di ampio respiro che passino anche dai grandi media. Sinapsi fa in piccolo la sua parte, ma crediamo debba essere soprattutto l’utility, insieme alle istituzioni centrali, a farsi carico di tale processo. Banalmente, sappiamo che la domanda si crea, i bisogni vanno fatti emergere e in questo caso un’adeguata campagna di sensibilizzazione andrebbe a favore dei cittadini, degli utenti. Un tema che dovrebbe essere caro anche al regolatore, ad Arera. Quando di parla di operazioni culturali di questa portata dovrebbero esser coinvolti tutti gli stakeholder in modo concertato, coordinato; non stiamo parlando di un fatto tecnico che privilegi un segmento o l’altro della filiera. E’ necessario condividere un approccio di sistema, andare oltre le singolarità, proporre decisioni e soluzioni coerenti a tutela e nell’interesse di tutte le parti, dai costruttori di apparecchi e sistemi ai clienti stessi i quali, o si trovano a ignorare totalmente questa grande opportunità, o acquistano strumenti diversi tra loro, non in grado di fornire informazioni integrate.
ARERA sta lavorando su un programma europeo che ha proprio nell’interoperabilità dei dati il suo fulcro; il fatto che diverse piattaforme comunichino tra di loro dovrebbe esser frutto di soluzioni tecniche imposte da un pensiero, di una strategia Paese. Forse un processo è iniziato ma a questi ritmi non si avranno miglioramenti nel breve periodo; cosa ne pensa?
È un mercato vergine, che va capito e non colonizzato. Siamo tuttavia ancora in pochi a occuparcene, e in Italia non c’è purtroppo una vera predisposizione a fare squadra. ARERA dovrebbe assumere un ruolo sempre più determinante nel definire una chiara strategia Paese in tal senso, creando concretamente le condizioni per una rapida implementazione di scenari abilitanti servizi sempre più evoluti.
Ha elencato una serie di ostacoli che frenano una reale evoluzione in chiave digitale delle reti di misura e dei relativi servizi? Quale ritiene sia quello principale?
Credo che molto si giochi sulla carenza di comunicazione. Ad esempio sono molte le delibere emanate da ARERA, ma non c’è un trasferimento efficace dei contenuti di tali provvedimenti alle filiere interessate e ai cittadini.
Senza un’adeguata conoscenza e sensibilizzazione si vanifica gran parte del lavoro svolto; quando si mette a conoscenza il cittadino delle opportunità a cui può accedere c’è senz’altro un tornaconto, che a cascata impatta evidentemente sul sistema.
La tecnologia è l’elemento abilitante ma, ripeto, quello che poi permette di raggiungere gli obiettivi sono i servizi.
In base alla vostra esperienza e ai vostri rapporti internazionali, come si colloca l’Italia nello sviluppo di reti Smart?
Un movimento c’è, anche a livello internazionale, ma con regole di mercato diverse che spesso frenano lo sviluppo e la penetrazione delle aziende in altri Paesi. Le multinazionali più strutturate possono muoversi su più contesti e sperimentare soluzioni tecnologiche laddove vi siano situazioni più avanzate. Per un’azienda piccola ma decisamente evoluta come la nostra le prospettive anche internazionali non mancano anche perché i prodotti e le soluzioni che proponiamo sono davvero pionieristiche; questo è senz’altro il nostro punto di forza che ci auguriamo possa posizionarci all’interno di un contesto internazionale, che dovrebbe essere maggiormente favorito dalle istituzioni italiane, per garantire maggiori possibilità di crescita anche alle medie imprese.
Siamo un soggetto interessante anche perché investiamo di continuo in ricerca e sviluppo, per noi fondamentali; si tratta di un’attività che presuppone una visione di lungo respiro onerosa e impegnativa, ma quando i prodotti escono sono sempre realmente innovativi. Solo la qualità delle proposte può consentire ad aziende della nostra taglia di stare sul mercato, non possiamo confrontarci con economie di scala ma cercare nicchie di mercato estremamente profilate, grazie allo sviluppo di tecnologie particolari, dove non tutti hanno la volontà di investire.
Potrebbe essere di grande interesse per aziende così specializzate ricorrere a finanziamenti europei che hanno l’innovazione come principio.
È vero, alcune utility hanno cercato di coinvolgerci su progetti europei ma sono naufragati in quanto non hanno intravisto un vero e proprio business; poter accedere ai bandi dell’Unione è molto più complicato rispetto a quelli nazionali o regionali, dove invece siamo molto più attivi.
Sono strumenti importanti, che vanno sfruttati, ma c’è ancora poca cultura in tal senso e scarsa capacità di fare sistema tra imprese.
Lo Smart Metering Group di ANIE CSI opera con una logica di sistema, condividendo l’importanza di accelerare l’introduzione sul mercato di tecnologie statiche. Come vede in generale il futuro di enti che dovrebbero rappresentare in modo sempre più virtuoso le imprese italiane?
Il valore associativo del Gruppo a cui appartengo è ormai riconosciuto da istituzioni e imprese, anche se il lavoro da fare, in termini di rappresentatività, è ancora molto. Al tempo stesso le nostre istituzioni dovrebbero meglio capire quanto valore vi sia in esperienze associative come la nostra e tenerne debitamente conto. Spesso c’è uno scollamento tra le parti che non crea certamente un contesto favorevole all’evoluzione dei processi e quindi del mercato.
Come detto nel segmento, peraltro ampio, dello Smart Meter abbiamo certamente un buon posizionamento ma ci auguriamo di consolidare maggiormente il rapporto con le istituzioni centrali.
Altro problema, facendo un po’ di autocritica, è che nelle associazioni dobbiamo impegnarci di più a trovare una sintesi tra i legittimi interessi di tutti, perché il periodo storico che stiamo vivendo e le indubbie prospettive di sviluppo dello smart metering ci impongono di lavorare in una logica di sistema, cercando convergenze anche con altri soggetti, e così determinare una naturale accelerazione dei processi.